Ci sono momenti in cui la vita sembra premere contro di noi con una forza che non capiamo.
Ci sentiamo piccoli, travolti, spettatori di qualcosa che rema sempre contro di noi. Può accadere in certe fasi della vita, oppure possiamo sentirci così da una vita intera.. Vittime di un destino avverso.
Eppure — e questo lo insegnano tanto la tradizione simbolica quanto certe branche della psicologia— la bussola non è mai nel vento: è nella nostra postura interiore. Che significa?
Ciò che ci succede, ciò che raggiungiamo o non raggiugiamo, spesso non è questione di colpa o di merito.
È questione di posizione.
Quando ci percepiamo senza margine d’azione, qualcosa dentro si immobilizza, come acqua ferma che non trova più il suo corso, in quella immobilità la mente ripete sempre lo stesso copione, lo stesso pensiero, la stessa domanda:
“Perché proprio a me?”
Così lo scenario si ripropone, uguale, come un’eco.
Tutta la filosofia quantistica, new age e quell’onda ne parla da tempo, con la sua famosa legge dell’attrazione, legge della manifestazione, ecc., ma ritroviamo, seppure in altri termini, lo stesso concetto nella psicologia strategica: ciò che manteniamo con il pensiero, lo confermiamo con il comportamento e quindi nella realtà esterna.
Più tentiamo di controllare, spiegare, difenderci, più costruiamo la stessa trappola. Più ci poniamo al di fuori del problema, e più il problema si dissolverà.
La vita rispecchia questa tensione come un lago riflette il cielo: senza giudizio, senza morale, semplicemente per coerenza.
C’è un passaggio decisivo, quasi impercettibile, dove tutto cambia. È il momento in cui smettiamo di chiederci perché e iniziamo a chiederci come.
Come posso muovermi adesso?
Qual è il mio prossimo passo possibile, anche piccolo?
In che modo posso cambiare la danza, invece di rimanere schiacciato dal ritmo?
Non a caso una delle principali strategie utilizzate in seduta è “la tecnica del come se” agisci come se fossi già in quella situazione, e otterrai.
Nella visione simbolica, questo è lo spostamento che permette alla vita di rispondere in un altro modo: quando la nostra frequenza interiore cambia direzione, la realtà esterna segue.
Nella visione strategica, è il passaggio dal “subire” al “generare”, dal restare intrappolati alle azioni che rompono il vecchio schema.
Non si tratta di ignorare il dolore. Si tratta di non costruirci una casa dentro.
Si può essere stati feriti, umiliati, traditi.
Ma la dignità interiore non si misura da ciò che abbiamo vissuto, bensì da ciò che scegliamo di farne.
La vera svolta arriva quando decidiamo di non lasciarci definire dalla ferita, ma di usarla come punto di partenza.
Allora non reagiamo più dal passato, ma dal presente.
E la vita, che non giudica e non punisce, semplicemente risuona.
Cambia perché siamo cambiati.
Risponde perché finalmente abbiamo smesso di chiedere che sia lei a fare il primo passo.
La forza non è non cadere.
La forza è riconoscere che, ogni volta, possiamo rialzarci un po’ diversi.
Un po’ più consapevoli.
Un po’ più nostri.
E quando accade, quello che prima sembrava destino diventa strada.
E ciò che sembrava piombo comincia silenziosamente a brillare.