Arrivo da alcuni mesi in cui mi sono sentita spremuta fino alle ossa.
A momenti la stanchezza era così forte da sembrare un esaurimento. Un bel paradosso per una psicologa!
Poi la mia più grande amica e collega, mi ha messo davanti ad una cruda realtà, mi ero egoicamente convinta, senza accorgermene, di poter salvare gli altri.
Sì… ho creduto di essere Dio in terra
Il problema?
Che non solo è impossibile, ma è anche una discreta follia.
E, paradossalmente, finivo pure per caricare gli altri con le mie aspettative.
Così nelle ultime settimane, complice l'arrivo di questa stagione lenta che ti insegna a lasciare andare i pesi inutili, un po' come le piante che lasciano cadere le foglie secche, ho rimesso i piedi per terra. Posso solo stare accanto, offrire uno sguardo diverso, ricercare le risorse altrui e crederci in questa loro forza.
Il resto — la strada, i passi, i bivi e anche i panorami — restano giustamente nelle mani di chi cammina.
E con questa semplice consapevolezza respiro di nuovo e respirando porto aria nuova in studio, un aria più leggera e rigenerante per me e per loro.
Lo condivido perché capita a tutti di sentirsi sopraffatti.
E spesso non è “colpa” della situazione, della relazione, del lavoro o del partner… ma delle nostre aspettative, del nostro modo di entrarci dentro, del non voler lasciare ad altri una parte del carico.
Non tutto è e deve restare sulle nostre spalle, le pretese possono essere ridimensionate, i compiti delegati, le richieste rifiutate.